Classici dell’Eros, Justine o le sventure della virtù


“Sì, sono un libertino, lo riconosco: ho concepito tutto ciò che si può concepire in questo ambito, ma non ho certamente fatto tutto ciò che ho concepito e non lo farò certamente mai.
Sono un libertino, ma non sono un criminale né un assassino.”

(Marchese de Sade, Lettera alla moglie, 20 febbraio 1791)

Di sicuro conoscete il Marchese De Sade, o comunque avrete un’idea del personaggio. Donatien-Alphonse-François de Sade, meglio conosciuto come Marchese de Sade, soprannominato anche il Divin marchese è stato autore di diversi libri erotici, tanto che il suo nome è stato legato all’origine del termine sadismo. Questo perché le opere di De Sade contengono numerose scene di stupri e di perversioni sessuali, molte delle quali prevedono l’uso della violenza.
Justine, o le sventure della virtù è una sorta di testo manifesto del Marchese de Sade convinto del fatto che in un mondo cinico ed egoista sono i più buoni e virtuosi ad avere la peggio. Un capolavoro del vizio scritto dalla mano di un autentico libertino. Il libro racconta appunto di Justine, un’anima candida costretta a vivere tra corruzione e lascivia.

Le orfane Juliette e Justine sono soltanto delle bambine quando, uscite dal convento, si addentrano nel mondo, alla ricerca di un lavoro. E’ l’inizio di un viaggio nella corruzione degli uomini, tra scandali, orge e abusi di ogni genere. Juliette, la maggiore, sceglierà di vivere in maniera libera e spregiudicata, mentre Justine deciderà di non scendere a compromessi e di comportarsi in maniera virtuosa. Perdutesi di vista, le due donne si rincontreranno già adulte. Juliette ha preso il nome di Madame de Lorsange, è ricca e rispettata in società, mentre Justine, la sorella minore, nonostante la sua virtù e la sua purezza, (o forse proprio per quello) sta per essere ingiustamente condannata a morte.
E’ la morale del vizio: con questo libro, il Marchese intende provare che il vizio è sempre e dovunque trionfante, e che la virtù è la sola ragione della disgrazia di Justine, e per arrivare allo scopo fa alternare le scene di orge (con grande varietà di stupri, di incesti, di mostruosità sessuali) con “dissertazioni morali”.
In De Sade, la crudeltà assume la forma del mito, e la ritualità erotico-pornografica che descrive così bene nei suoi libri è senza dubbio una testimonianza folgorante della perversione che si annida nell’animo umano.

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