Polvere magica: ecco la seconda parte del racconto

Dopo la prima parte del nostro racconto, arriva la continuazione.

Sono trascorsi appena tre giorni dalla sera in cui Giusy ha prodotto le sue avance.
Stasera sarò di nuovo in turno con lei.
Ancora non so come comportarmi in sua presenza.
Perché ho lasciato che mi toccasse i seni?
Perché?
Perché le ho lasciato credere di accettare le sue avance?
Per timidezza?
Per curiosità?
Non so nemmeno da che parte si cominci a fare all’amore fra donne.
Mi resta invece la consapevolezza del turbamento che ha provocato su di me la mano che ha posato sul mio seno.
Una cosa però l’ho fatta.
Assurda, ma l’ho fatta.
Me l’ha insegnata un medico specialista nel periodo in cui prestavo servizio in radiologia.
Tempo fa mi ha fatto dono di una polverina fluorescente, credo sia tungstato di calcio.
La sostanza ha la proprietà, quando è colpita da radiazioni, anche invisibili come lo sono i raggi X o gli ultravioletti, di emettere una luce azzurrina.
E’ su questo principio che in radiologia sono impressionate le pellicole radiografiche.
Stasera prima di venire al lavoro ho preso cura del mio corpo.
Ho eseguito la ceretta alle gambe.
Mi sono rasata con dovizia i peli superflui attorno alla passerina ed ho cosparso sui peli intorno alle grandi labbra un poco di quella polvere invisibile.
Così ho voluto rendere la mia fichetta più “interessante” agli occhi di Giusy.

Raggiungo l’ospedale. Con Giusy ho appuntamento alle quattro precise in sala operatoria.
Giusy ed io lavoriamo nello stesso reparto d’ospedale, ma in sezioni diverse.
Lei in quella femminile, io in quella maschile.
Alle quattro meno cinque minuti mi avvio verso la sala operatoria ubicata nel corridoio che separa le due sezioni.
La sala è illuminata da una luce azzurrina a raggi ultravioletti che, per quanto ne so, serve a mantenere asettico il locale.
La stanza è piena di apparecchiature di ogni genere. Ho il cuore in subbuglio, il ritmo cardiaco è frequente e pulsa con veemenza.
Il momento in cui vedrò Giusy si sta avvicinando.
Sono divorata dalla paura, ma pure da una curiosità lasciva che diventa sempre più forte.
Mi rendo conto che l’idea dei preliminari mi imbarazza a morte.
Che faccio quando entra?
La saluto e le do’ un bacio?
Oppure le metto le mani addosso?
Mi spoglio o aspetto che sia lei a spogliarsi per prima?
Ma che ne so…
Per uscire da questo impasse inizio a svestirmi.
Mentre levo gli indumenti di dosso, mi accorgo che con la stoffa sembra andarsene tutto il mio pudore. Completamente nuda mi corico sul tavolo operatorio. Divarico le cosce e appoggio gli arti sugli alza-gambe ad uso ginecologico, incurante della mia oscena impudicizia.
In questa strana posizione, col capo sopraelevato, posso guardare la peluria della mia passerina che, illuminata dai raggi ultravioletti della sala operatoria, brilla di colore azzurro.

[photo courtesy of DeviantArt]

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