Racconti erotici: Mistress Sexista

Appuntamento ogni domenica e lunedì con i “Racconti Sexisti” di Miss Lucy

“Nessuno ti ha detto ti aver fiato e di farmi sentire la tua voce, sono io che comando e non farmi irritare o dovrei punirti in modo ostinato e feroce”. Avevo con me una schiavetta, quella di turno che non può fare a meno del mio possederla, dei miei giochi a spirali. Lei impazzisce solo a pensarmi e nel vedermi già si inonda di piacere. Le ordino di spogliarsi nuda, le metto il guinzaglio al collare e inizio a passeggiare con lei, umiliandola. E’ solo una cagnetta senza senso che subisce il potere, una nullità che a lei piace sentire, perchè gode del suo marcire. A tratti si ribella della mia padronanza, io aggressiva di volontà la prendo per i capelli e la sbatto al muro, facendole sentire la mia lama preferita, un taglio che in gola può essere fatale. Immobile e in piedi, lei sembra gradire il mio intervento e percorro con la lama del mio pugnale, il suo corpo delicato e indifeso. Continuo la linea arrivando al mio corpo, lasciandomi un segno di sangue, perchè lei deve leccare la mia ferita e nutrirsi del sapore del mio rosso. La sua lingua deve toccare la mia, la mia densità ha spore di cui non posso privarmi.

La lego ai polsi con le mie corde preferite, forti e sicure come me, in aria volteggia slanciata del suo corpo, in mezzo alla stanza Rossa. Si, il rosso è il mio rifugio. Le mie armi non aspettano e scelgo la frusta principale. La lego ai piedi che a malapena toccano a terra, la bendo e le cucio la bocca con una striscia di lattice che sa di vino. Castigo il peccato perchè osa essere disturbato. Inizio le mie arroganti azioni, i movimenti che in lei sento gemere di scontro. I miei morsi deve sentire e i graffi devono ambire a non svanire. Lunghe linee nel corpo novello, si posano come il sogno più bello. Io amo quell’esserci, lei ama esserci.

Continuo a umiliarla e a frustarla, perchè altro non merita, se non di essere maltrattata. E’ la mia servitù a impormi di lasciarla cadere. I miei limiti e sostanze sono alterati da tocchi fulminei, ribelli e coscienti di apparire. Sporche sono le mie parole, così come il mio brillare. C’è sapore di odore nell’aria, non posso dimenticarmi di lenire il dolore costante. Mi fermo e la abbandono per un pò nel silenzio in quel moto stressante. Poi la riporto a terra e inizio le mie spirali, le famose vedute inclini a girarsi di estremi. La lego con corde acute di giri, in posizioni di disagio che senza cura mi diletto ad annodare. La schiava è a terra che non vede e non può parlare, ma sente il suo stato nel navigare. Tutto è fermo, la lascio lì, in mezzo ai colori, aspettando di riportarla in gabbia. La torturo di solletico, con piume e cere. E’ la mia schiava per sempre e non deve mai mancare al mio volere.

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