Racconti Erotici: Folle Imperfetto (parte II)


Dopo il primo assaggio ecco la seconda parte del nostro racconto erotico.

Sei bella da togliere il fiato.
Vorrei urlartelo, violentarti gli orecchi ora ipersensibili, ma so che la voce mi si romperebbe in pianto e svilirei tutti i miei sforzi, tutti gli espedienti di queste settimane. Afferro le tue cosce con entrambe le mani e stringo fino ad avere le nocche bianche. Gridi, balbetti, più per la paura di ciò che potrebbe accadere che per il dolore. Apro le mani, allungo le dita e ti graffio crudele, rigando la tua pelle sottile di fata perfetta, incolume; arrabbiata, ti mordo più volte cercando il sapore del sangue, ma senza riuscirci. La mandibola frena un attimo prima di ferirti: il cuore, maledettamente debole, piega ogni mio gesto rendendo la mente molle. Appoggio la fronte madida sul tuo pube rasato e respiro a fondo, stordita; sono libera e ti ho tra le mani, ma sono legata da corde invisibili. Alzo gli occhi e per un attimo mi sembra di vedere il sorriso beffardo del mio destino, lì, a galleggiare sulle tue labbra piene. Allungo il braccio e con il medio te le sfioro leggera; tu sorridi, ormai consapevole del tuo potere, incredibilmente forte nonostante la forzata immobilità.


La rabbia mi acceca e si mescola al desiderio insostenibile di possederti, scoppiandomi nel sangue; appoggio il palmo aperto sul tuo petto e premo forte scavando verso il basso. Ti tengo con entrambe le mani sui fianchi, i pollici sotto l’osso del bacino; ti schiaccio sul tavolo d’acciaio freddo, sperando ti sussurri le torture di cui è stato complice, spaventandoti a morte, levandoti quel ghigno di vittoria dal viso. Voglio mangiarti, assimilarti, cancellarti assorbendoti.
Con le dita scivolo tra le pieghe umide del sesso, le apro con cura perdendo l’ultimo residuo di ragione nell’odore inconfondibile del tuo piacere. Ti penetro senza dolcezza, ma non con l’aggressività che vorrei; infilo due dita, e il terzo le raggiunge subito, senza aspettare che i tuoi polmoni si svuotino. Ti tocco ripercorrendo la pelle liscia, vedendo con i polpastrelli dove sfocia nel tuo punto sensibile, rugoso. La scossa s’innesca al mio sfiorarlo, ed io mi sento colare; ti guardo sull’orlo dell’orgasmo, trascinata e bistrattata contro la tua volontà lungo cunicoli bui, stretta dai lacci che ho studiato per te… ti guardo e mi sento venire, il piacere mi esplode nel cervello abbagliandomi ineluttabilmente.
Sfilo le dita fingendo crudeltà, lasciandoti sospesa in un limbo insopportabile; in realtà sto salvando me stessa dalla caduta, dalla dolcezza che seguirebbe il piacere.

Ti prego… continua…
La tua voce roca mi batte sulla pelle; d’un tratto tutte le parole d’odio, accumulate e disposte con cura giorno dopo giorno, sembrano illeggibili, scritte in sogno con caratteri sconosciuti. Non riesco ad afferrarle, le lettere si dilatano beffarde e sento solo il suono della mia voce, ancora chiuso in gola, ancora protetto dalle labbra serrate, mentre sfonda ogni difesa e urla il mio amore.
Riesco a frenare le corde vocali prima che tu possa carpirne l’ineludibile messaggio; il tuo sguardo glauco non può cogliere la smorfia del mio viso, respiro a fondo prima di gettarmi ancora su di te, invasiva, senza più remore.
Le mie mani ti afferrano, la tua carne cede sotto l’impeto della mia collera; mi riempio la bocca del tuo sapore, i denti delle tue forme mentre con le dita ti penetro ovunque: ti riempio la bocca deformandone il profilo impeccabile, entro nel tuo sesso scandalosamente aperto e lucido, violento la tua fessura più stretta. M’infilo dentro un dito dopo l’altro forzandone l’apertura, guardandoti mentre ti contorci, gridi, godi. Vedo il tuo viso cambiare, staccarsi, diventare ultraterreno e dio solo sa cosa darei ora per avere un cazzo tra le gambe, a farti male, a farti bene, ad urlarti appartenenza, a segnarti per sempre.
Invece me ne sto qui, intrappolata nella tua carne pulsante, i tuoi umori che gocciolano sui polsi cocendo la pelle; qui, a tentare di restarti dentro in qualche assurdo modo. Tutto invano; perché più entro più mi apro, più godi più mi sciolgo, più soffri più il mio cuore si dilata per accoglierti, mi svuota e ti fa spazio.
Mi stacco sentendo davvero la pelle che si scolla e ti lascio così, pulsante e appagata, rassetto la camicia gualcita, raccolgo i capelli sulla nuca ed esco nella notte umida.

[courtesy of © RossoScarlatto Communications]

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