Orgasmo femminile: un mistero per la scienza

Chissà perché ma l’orgasmo femminile è da sempre sulla bocca di tutti, almeno da quando nel 68 vi è stata una discreta rivoluzione dei costumi sessuali e la donna ha smesso di essere in buona parte, da quel punto di vista, semplicemente un buco nel materasso adibito a concepimento. C’è chi sostiene che la presenza e l’assenza del piacere femminile dipendano da un discorso evoluzionistico che prescinde la persona: cerchiamo di capire meglio cosa significa.

Partiamo da un presupposto: l’orgasmo femminile è diventato come il sacro graal ed orde di scienziati e sessuologi stanno impegnando il meglio delle loro forze in tal senso: capire come accade, da cosa dipende, se dalla vagina o dal clitoride. Ed ancora quanto può durare e quali parti del cervello prende in considerazione.

Recentemente uno studio americano ha deciso di capire se in qualche maniera l’evoluzione stessa della specie potesse rappresentare una via da seguire per capire questo grande mistero. E secondo i ricercatori Brendan Zietsch e Pekka Santtila, durante la sua evoluzione l’orgasmo femminile avrebbe saltato non solo alcune specie, che non sono in grado di raggiungere il piacere in assoluto come ad esempio gli scimpanzè, ma anche la specie umana che verrebbe colpita nella sua parte femminile con una anorgasmia di tipo “congenito” che la porterebbe a non provarlo mai nel corso dell’intera vita.

Non solo, secondo gli stessi ricercatori l’orgasmo femminile non sarebbe altro che un “sottoprodotto” di quello maschile.

Al che le più mature e aperte di noi avranno già fatto i naturali riti di scongiura necessari in tali situazioni. Come possibile che il nostro piacere sia solo una “conseguenza genetica” dell’orgasmo maschile?

Lo studio, nonostante le ipotesi fatte, fortunatamente confuta il pensiero degli scienziati provando, attraverso un analisi comparata del proprio campione di riferimento che considerare il piacere femminile una variante di quello maschile sarebbe troppo limitativo. Il mistero permane

Photocredit: S.S.

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