The Virginity Soap, il sapone che ti restituisce la verginità

In Egitto e in Medioriente va fortissimo, tanto che oramai è possibile trovarlo dappertutto, anche al supermercato: stiamo parlando di “The Virginity Soap” un detergente intimo femminile dall’effetto a dir poco “miracoloso”, perché promette di restituire alle donne la verginità perduta. A prima vista, può sembrare un sapone come un altro, ma i produttori di questo articolo assicurano che nessun altro sapone ha un effetto astringente tanto forte “da restringere le mucose dell’imene delorato“.

Con un lancio pubblicitario in grande stile, The Virginity Soap si presenta come un’alternativa più economica all’imenoplastica, cioè alla ricostruzione chirurgica dell’imene, che finora era l’unica soluzione per quelle donne che, per motivi sentimentali o religiosi, desideravano riacquistare la perduta illibatezza. Insomma, sembra proprio che basti una lavata per tornare tutte caste e pure.

Ventiduenne mette in vendita la verginità per poter studiare

Ci risiamo. Se si è giovani e carine, la cosa migliore da fare per guadagnare un po’ di soldi e magari un po’ di celebrità, è sempre la stessa: mettere in vendita la propria verginità. A farlo stavolta è la ventiduenne americana Natalie Dylan (nome fittizio) che per pagarsi gli studi, per la precisione un master in «Psicologia della famiglia e del matrimonio», ha messo all’asta la sua “prima volta”. L’iniziativa ha riscosso un clamoroso successo negli Stati Uniti, e le offerte hanno raggiunto cifre da capogiro, arrivando a sfiorare la cifra di sei milioni di dollari. A dire il vero, noi italiani siamo abituati a questo genere di “marketing”, e non ci meravigliamo più di tanto.

Qualche mese fa, anche l’ex concorrente del Grande Fratello Raffaella Fico mise in “vendita” la sua virtù per un milione di euro (una bazzecola se paragonata alle quotazioni raggiunte dall’americana), salvo poi tirarsi indietro davanti alle prime critiche. Le critiche non si sono fatte attendere nemmeno nel caso di Natalie Dylan, soprattutto riguardo la sua presunta verginità. Ad insospettire anche noi di Cooletto, sono state prima le dichiarazioni della giovane, che si dice pronta a “capitalizzare la sua verginità”, e poi il posto scelto per tenere questa bizzarra asta (e il successivo scambio di capitale e merce), cioè la nota casa di appuntamenti Bunny Ranch in Nevada, dove già la sorella aveva lavorato per tre mesi come prostituta, e sempre per pagarsi gli studi. Per spazzare via ogni dubbio, Natalie si è offerta di sottoporsi ad un esame medico che garantisse la sua verginità.

Sex and the City come modello di vita

Sex and the City è realtà, e noi donne preferiamo il sesso all’amore.

Alcuni ricercatori hanno a tal proposito dimostrato come le donne abbiano ormai più partner degli uomini perché, a differenza di qualche decennio fa, sono alla ricerca di attività rilassanti che le distraggano dallo stress di tutti i giorni. Il sesso sembrerebbe essere una di queste. Casa, famiglia e carriera invadono completamente la vita diventando quasi qualcosa da cui fuggire, ed è giusto -giustissimo- cercare una scappatoia. I risultati di un sondaggio realizzato in America, che ha coinvolto circa 2000 donne, parlano chiaro: la maggior parte delle intervistate non ha perso la verginità per amore e soltanto il 32% crede che questo sia l’ingrediente indispensabile per un sesso favoloso; a voler arrivare vergini al matrimonio invece è soltanto l’1% e ben una su quattro si sposerebbe per soldi.

Perché diamo importanza alla verginità?


L’atto di perdere la verginità, prima di essere catalogato come una delle tante esperienze sessuali, è comunemente considerato dalla cultura occidentale come un importante rito di passaggio. Questa concezione è stata spesso enfatizzata da molti romanzi e film destinati al pubblico adolescente (basta ricordare il cult per teenager “American Pie”), ma in generale la perdita della verginità può essere vista o come un evento di cui vantarsi oppure come un fallimento di cui vergognarsi, a seconda delle percezioni culturali e del proprio orientamento religioso. Storicamente, il valore attribuito alla verginità è fortemente influenzato dalla percezione dei ruoli di genere. Vale a dire che per il maschio la perdita della verginità viene considerata quasi sempre come motivo d’orgoglio, mentre per la donna il non essere più vergine è spesso visto come qualcosa di cui vergognarsi, tanto che in passato le donne non più illibate erano guardate con disprezzo perché portavano addosso il disonore.