Fetish Sex, racconti erotici per un nuovo femminismo

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Chi nasce schiava muore schiava.
E non date retta a chi dice il contrario: vi sta mentendo. Vi sta mentendo perchè la schiavitù non è una scelta, non è uno stile di vita, non è un vestito che s’indossa solo qualche ora al giorno. La schiavitù è insieme una condanna e un vanto. È un castigo che sei fiera di meritare. È il dolore di un amplesso brutale, che ti forza al piacere. È la voce del tuo Padrone che ti ordina cosa fare. È l’impronta delle Sue dita che ti frugano tra le gambe fino a farti male. È il piacere, che attraverso il dolore, ti costringe a gridare.

Il fetish non è un’invenzione degli ultimi anni. Le sue origini sono molto più antiche, risalgono addirittura agli anni ’20, quando per reagire al proibizionismo, l’America meno puritana decise di rincorrere un divertimento anche più pericoloso del consumo di alcolici. In questo clima di repressione sociale e sessuale, il fetish attecchì e si diffuse in fretta, proprio come un’erba cattiva, soprattutto negli ambienti di quella borghesia meno moralista e più aperta alle nuove idee, che annoverava tra i suoi ranghi uomini di elevata cultura ed istruzione, tutti frequentatori abituali di “casini”.

Gli anni ’20 furono anche gli anni in cui, per la prima volta, alle donne fu riconosciuto il diritto di voto, evento che permise al movimento femminista di lasciarsi alle spalle quegli ideali di pietà, purezza, sottomissione e domesticità che aveva relegato la donna al governo della casa come rifugio dalle tentazioni di tutti i giorni. Perciò non deve stupirci che fra i primi sostenitori della cultura fetish, si ritrovino anche molte donne. Anzi, il fetish, come moda e come stile di vita, era visto come un segnale di quell’emancipazione femminile tanto agognata.

Racconti Erotici: Stanza d’albergo

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Stanza d’albergo – un racconto di Cristiana Danila Formetta.

Sei buffo quando dormi. Tutta la tua faccia si rilassa, e affonda completamente nel cuscino. La piega delle guance diventa più morbida, e la bocca si schiude in uno sbuffo. Ecco, se mi avvicinassi adesso, potrei respirare il tuo fiato, e toglierti così un po’ di vita. Oppure, potrei stringermi teneramente a te, legare questo corpo magro al mio, chiederti se mangi mai abbastanza, e forse dubitare della tua parola, rimproverarti di non saper badare a te stesso. Ma potrei anche fregarmene di tutto questo. Mandare la dolcezza al bando e toccarti, da sotto le lenzuola. Mille carezze che ti costringono ad aprire gli occhi, e mani che all’improvviso smettono di essere inerti per rispondere al mio invito. Posso fare mille cose, stanotte. Posso sfinirti. Spaccarti il cuore con un sorriso. Posso ucciderti, e soffocarti con un bacio anziché con un cuscino. Diventare ladra e assassina per un amore clandestino. Posso fare mille cose, e invece niente. Non mi muovo. Ti osservo che dormi beato e sembri felice. Io non ci riesco.
Ho già provato a chiudere gli occhi e contare le pecore. Le ho contate una ad una. Poi in coppia, e alla fine credo di aver contato l’intero gregge senza nemmeno un accenno di torpore. Non ho sonno, e una veglia forzata mi costringe a pensare a cosa è andato storto, questa volta.
Cosa c’è che non va? Cos’è che non mi fa dormire?

Non è colpa tua, non è colpa della tua faccia che continuo a fissare, invece di addormentarmi. La tua faccia mi piace, è bella, mi fa star bene. Sapessi quante volte ho sognato di averla qui accanto sul guanciale per una notte intera, e stare a guardarti. Anche il tuo corpo è molto bello, magro come quello del Cristo, sacro per me più di un altare. Non è colpa tua, non è colpa del sesso. Anche quello è stato magnifico. Magnifico è spogliarti, toglierti di dosso i pantaloni, la camicia, baciarti il petto un’infinità di volte, sentire quelle gambe lunghe e magre fra le mie. Magnifico, certo. E terribilmente provvisorio. Perché tu ed io sappiamo che domani al risveglio, saremo ancora costretti a far ritorno ognuno a casa sua, ognuno fra le braccia dell’altra o dell’altro. L’altro che non sei tu, amore mio.

Racconti erotici: Quasi trasparente

Sono quasi tentata di svegliarti lo sai? Solo per ridere della tua reazione nel vedermi ancora qui, nuda ai piedi del letto, seduta con le gambe incrociate come un piccolo gargoyle. Sono più che mai convinta, che il ricordo della bella scopata che ancora trattieni nelle ossa, non t’impedirebbe di provare verso di me un odio profondo.
Stupido borghese qualunquista.
Io sono qui, come un pugno di sale buttato sulle tue ferite. Perché se fossi andata via, se avessi raccattato i miei stracci per saltare sul primo treno diretto a casa, ti avrei reso le cose troppo facili. Ma io non ho nessuna intenzione di renderti le cose facili.
Io voglio farti male nel ricordo. Voglio farti male con la mia presenza, in questo letto sporco. Voglio che tu adesso apra gli occhi e mi guardi, con lo stupore di chi non sa, non capisce, come diavolo ha fatto a cacciarsi in questa situazione. Voglio guidare i tuoi sensi di colpa nella direzione che più mi aggrada. Voglio godermi la tua faccia, quando ti accorgerai di cosa ho fatto.
La tua pelle è bianca, quasi trasparente, e porta con sé tutti i segni che la vita ti ha lasciato. Cicatrici più o meno indelebili di amori finiti, e situazioni complicate, senza via di scampo. Ma stanotte la mia lingua ha lavato via le tracce delle donne che hai avuto e che hai perso, le mie unghie sono affondate nella tua schiena, i miei denti si sono stretti attorno alle tue labbra, le mie gambe hanno cercato il tuo cazzo come mai nessuna ha fatto prima. Non te l’aspettavi, vero?