Sexista, padrona del peccato

Un racconto sexista della nostra Miss Lucy.

Mi sentivo imperatrice, mi sentivo padrona, mi sento amante di me stessa, del mio estro affabile. Adoro comandare il peccato, riuscire al creato e duttile di fama, cercarmi la sfida.
Mi accarezzo delicatamente il corpo con una piuma piena di sangue e lecco il percorso svolto dal tocco. Sublime crescente riservatezza del mio affliggere stremi, di brividi mi inondo come una sfera anelante.
Lui è su una sedia legato dietro da manette, con una maschera e il mio rossetto fuxia. Io ho i miei lunghi capelli biondi spettinati, il rossetto nero alle labbra e matita pesante agli occhi. Nuda io e gli altri….Voglio solo i corpi nudi e le mie indennità su di loro. La purezza non deve soffrire….

Lui ha un fisico quasi perfetto e già si sta eccitando del suo duro. Lei è mozzafiato, con il seno tanto gonfio come il mio.
Ordino alla schiava di inginocchiarsi davanti a me e baciarmi la mia “Testa Rossa”, la mia intimità più furente, e lei inizia a leccare impazzita.
Sono i miei schiavi, i miei luridi sbocchi di inganno.

Io con la mano li in piedi, tocco i capelli rossi di lei e seguo il suo fare. Io sono una nuvola in sospeso che si appresta ad acclamare un’udienza e nell’esuberanza di un calice, colgo gli occhi di una maschera che come una candela si accende aspettando di brillare e spegnersi.
Vengo. Svengo. Le ordino di portare alle mie labbra il mio sapore e ci baciamo freneticamente. Sfiorando la sua intimità mi rendo conto che era un fiume in pieno sbando.
La prendo per i capelli e la porto nel duro del mio schiavetto e inizia a succhiare facendolo venire. Lo sperma è un calice di pensieri mai estinti, è una lode al precetto di continuare.
Lei bacia lui del suo odore e partecipo anche io al tetro schermo.

Prendo lei con forza e la sbatto al muro e inizia a penetrarla con le mie dita, con la mia sicurezza da padrona. La mordo e la graffio ovunque, i suoi gemiti e il suo dolore è nutrizione infetta in me. Finiamo sul pavimento dove continuiamo il livido infame.
E’ venuta più volte e l’ultima sarà quando mi dedico ad un’arte ancestrale chiamata “profondità clittica”. Amo mordere e fare male. Lui scoppia di godere, si muove come un animale senza via d’uscita e la sua arma ha un colore soffuso di incoscienza.
Mi alzo, lo provoco con la piuma, mi tocco, lo graffio e lo mordo. I segni mi permettono di agire. Poi dannata mi infilo dentro il suo duro e cavalco l’onda del mare.
Stavolta il suo odore è toccato dalle piume, tra il sangue e la perplessità.

(continua…)

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