Intervista a Xena Zupanic

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Abbiamo già parlato di Xena Zupanic in un nostro precedente articoloStavolta ci lascia delle inedite confessioni. Ringraziamo la disponibilità di Xena nel concederci questa intervista.

INTERVISTA A XENA ZUPANIC

1-Chi è Xena Zupanic?

Xena è la simmetria pura. Un nucleo con l’inclinazione profondissima verso la disimmetria totale, la rivelatrice di un non-fondamento stabile. Xena è la stabilità disimmetrica. Xena, l’ente urlante, il grido formante. Il grido che nientifica il ni-ente, abbassa abissalmente. Privata di tutto, anche della brama di patire, spogliata di ogni intendimento e di ogni interesse, lei è l’aborto derelitto che chiude il lume sopra il suo niente. Il lume levante in luna calante.

2- Cosa rappresentano e trasmettono le tue performance?

Le mie performance rappresentano quello che non voglio dire. Sono ammutolimenti verbali, le protesi illetterate. Performer si diventa per necessità, come è necessario navigare, così è necessario bruciare se stessi, per rigenerarsi quotidianamente. Il mio “rappresentarmi” incomincia dalla mia insonnia, dalla mia sovrabbondanza di energia dispersa, dal fare “non so che”, come quella di quei mistici che naufragavano nel mare della divinità, senza sapere come e perché.

E’ un errare, una follia, una risposta all’appello dell’Essere. Il performer ha un compito da fuochista, bruciare il mondo tramite le emozioni. Il mondo brucia e gli spettatori con esso, costretti così a rigenerarsi, a diventare “altri”, “nuovi” antagonisti.

3- Hai scritto un libro “Markette siamo alle strette”, ce ne parli?

Il libro “Markette siamo alle strette” fissa tutti i presenti come enti eterni in un giuoco effimero.“Markette siamo alle strette” è un dizionario ragionato parafilosofico di una Ur-latrice, scritto sub speciae aeternitatis. Il nostro povero contenuto è davanti agli occhi di tutti, ed io lo devo enunciare, spi-gare in un dizionario. In uno sforzo quasi per certi versi quasi teologico Xena scosta il velo secolare di una trasmissione secolarizzata, metafisica, destinata a non cadere nella notte dove tutte le vacche sono nere.

4- Che rapporto hai con i tuoi fans?

D’attenzione trascurabile.

5- Progetti futuri?

L’estasi portata in scena. La vita di una grande mistica italiana, M.M.D.P-429 (Maria Maddalena De Pazzi) come l’atto inattuale, inaudito, quasi non rappresentabile nel nostro tempo. Se patisco vivo e il mio “amor morto” è acceso fino alla fine del mondo.

6- Sei soddisfatta delle cose fatte fino ad ora?

Forse solo il Diavolo ha la risposta esatta.

7- Come nascono le tue collaborazioni con altri artisti?

Il mio cuore solido, solidariamente batte per tutti coloro che desiderano essere quello che non sono, un cuore da mezzanotte di fuoco, insanguinato e per tutti plastificato.

8- Sesso, amore, arte e erotismo, sono ideologie uguali o diverse?

Non esistono ideologie. Solo le idee che dio Eros porta al culmine del cosiddetto atto artistico. Sto poppando, mi sto nutrendo per cantare meglio quell’antica canzone, una volta cominciata e mai finita, che costò la vita al generoso Orfeo.

9- Cos’è per te “l’estremo”? Ti poni dei limiti nella sessualità?

L’estremo è l’atto del risveglio. Il risveglio che ci vede limitati nella nostra immortalità. Un coito che finisce in un eiaculazione cosmica e onnipotente, in un immagine della “Via Lattea”, colorata dal bianco mantello di zucchero filato su sfondo nero. La durezza della materia appare nella passione sacra.
Sangue.

10- Ti piace dominare o essere dominata?

L’essere dominata necessita di una volontà più ferrea che il dominare. E’ un controllo silenzioso, pieno di forza selvaggia, indomabile. Dominatori e sottomessi perdono in eguale misura la ragione.

Il sacro è la violenza pura, che mette fuori dalla porta il pro-fano. Il profano contraccambia bussando alla porta, che alla fine dei conti appare debole, fragile, una membrana che favorisce l’osmosi tra le due violenze. Lo scontro si placa in un’osmosi amniotica. L’entità, che fa da tramite tra le due forze è un angelo ingannato. L’inganno consiste nel far credere che in campo di lotta le due entità appaiono inconciliabili, prefigurando una lotta gnostica tra due titani in bianco e nero.

11- Quale quadro sei?

La “Madonna” di Raffaelo. La purezza, l’assunzione corporea in cielo, imponderabile.

12- Cos’è la libertà?

La libertà è dire di SI all’Essere, all’Uno, vedendo perfettamente la sua intima scissione. Uno sguardo non diviso, integro nella sua ingenuità. Uno che si è allontanato, non da se stesso, ma dagli altri, fondando un ALTRO, dunque un uomo nuovo, migliore. Adesso guardo te, voi, vi scruto, vi giudico dal mio mondo gelido, potente nella mia nudità assoluta. Che cosa potete dirmi? Come potete soddisfare la mia eterna brama di giustizia, di vita autentica e perfetta? Sono un cristallo morbido, potente e non manipolabile.

13- Hai spesso voglia di urlare?

Urlare, vuol dire andare all’Ur. La città misteriosa dove la civiltà ha intrapreso il suo cammino. Andare all’Ur con l’Urlo, abbattere la sua maestosa distesa, la sua onnipresente cultura. Io, Xena, non urlo contro il mondo. Il mio Io urla contro Xena, la straniera che non si stabilisce, non si connette con nessuno. L’urlo per affermare l’Io che mi liberi da Xena, dal mondo immediato, fenomenologico. Mediante l’urlo mi allungo, tanto quanto è largo il piede umano, abbastanza per soverchiare lei, Xena, così immediata, così presente nel fenomenologico presente.

14- La calma è una tempesta in quiete? Come gestisci il tuo stato?

La calma in termini marinareschi è la bonaccia faticosa, è la quiete, la distesa corporea, soffocante sul tumulto degli elementi. E’ la natura che ha svuotato il suo corpo appesantito. Gli affetti non si gestiscono, si guadagnano ogni santo giorno. Xena sicuramente sapeva che era segnata. Doveva essere un lupo, un maschio coraggioso con una tempra che dissipava ogni paura. Ma qualcosa non funzionò. L’ombra d’insicurezza della paura, la travolgeva minacciando di portarla verso la pazzia. Sciogliendo tutti i legami, diventava una bestia braccata dentro la notte del mondo, quel mondo con i bagliori che spuntano, calla caligine demoniaca. Bagliori pieni di connotati dei nostri visi ora riconoscibili, ora abbandonati all’oblio salvifico.

15- Ti piace provocare?

Provocare per conoscere, essere provocato. Provocare vuol dire richiamare l’eros, ogni qualvolta il niente minacci la nostra fragile psichofisicità. L’eros che riscopre la pienezza del mondo apparentemente arido, povero. Provocare per trasgredire. La potenza dell’eros ascensionale che lascia la piattezza terrestre. Trasgredire in sostanza è un’azione liquida, dove l’enorme massa marina copre la terraferma conosciuta. Arrivata la bonaccia, lo specchio disteso d’acqua coprente riflette il cielo, compenetrando e amalgamando l’unica immagine. L’immagine di noi stessi dopo un risveglio fresco e fatale.

16- Sei innamorata?

Si. Nella non immagine, di quello che non vedo in me stessa. Innamorata di
una profonda tenebra, iconica, alla quale chiedo una lezione perpetua, rivelatrice. Sentire l’eternità leggera, fresca, in ogni momento grazie ad un innamoramento perenne rimane forse un’utopia irraggiungibile ma possibile, vicina, una volta pensata ed in un felice moto circolare avviata.

17- Alcuni artisti che ami o a cui ti ispiri?

Rispondi tu!

18- Sei feticista?

L’oggetto del mio feticismo è il mio corpo proiettato sul fondo di una bellezza universale, cosmica ed immortale. Sono l’oggetto che contempla il contenuto della mente, che si occupa di esso. L’oggetto malato di una bellezza trascendentale, che trascende i denti che la vogliono sbriciolare. Oggetto è non soggetto. Perché solamente l’oggetto nella sua apparente inorganicità feticizza tutto quello che lo circonda.

19- Godi spesso?

Basta godere un istante per scatenare una tempesta lunga lustri temporali! La qualità appaga!

20- Spazio in libertà. Tutto quello che vuoi dirci ancora.

Xena è semplice nella sua confusione involontaria, nel suo smarrimento
radicale, pieno di fiducia amorosa. Tiene in mano quello che molti temono, senza la forza di vedere, quello che tutti nominano muti, quotidianamente, accuratamente evitandolo. Che cosa? La paura di esternare, di abbattere l’inorganico silenzio pieno di minaccia paralizzante, ossessiva. Xena esorcizza la sua-loro X-ignota, un territorio brulicante di forze sconosciute. Queste forze avanzano, militarmente ordinate in forma smagliante, somigliante ad una X mobile, letale, piena d’energia inaspettata.

Xena è lì, urla, un urlo millenario (forse il millenarismo è sempre attuale), contro l’armata invincibile che ad ogni urlo vibra come la corda che regge l’intero l’Universo.

Ammetto: io Xena, il soggetto cosciente, con l’indirizzo e il numero civico in regola, con la misura delle scarpe immutabile, con il colore dei capelli variabile, con il preciso dolore sul costato sinistro individuabile ma invisibile, sono un aborto non trascurabile, un’annichilita, avvilita, disprezzata, derelitta e abbandonata, un’annientata nel centro del niente, spogliata di me stessa e da tutto, sprofondata nell’abisso del mio niente, staccata dal creato e da me stessa, voglio negazione di volontà, la volontà risoluta, di non voler sapere più di volontà propria. Sono un aborto folle, una jurodivyja non molle, una che non molla la matrice maestosa in un punto fisso mostrata.

[Intervista di Luciana Cameli a Xena Zupanic]

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